giovedì 17 marzo 2016

La moglie punita

Mia moglie aveva forse finalmente capito quanto mi avesse ferito la sua ultima avventura fuori dal tetto coniugale, e si era comportata di conseguenza.

Dopo la punizione corporale, da lei stessa richiesta e subita senza storie, il suo atteggiamento era stato ben diverso rispetto a prima della sua storia. Prendeva più spesso l’iniziativa in campo sessuale e la frequenza e intensità dei nostri rapporti era aumentata considerevolmente.

C’era un problema.

Io non potevo fare a meno mentre facevamo l’amore di pensare e immaginare le stesse scene con l’altro, magari rivedendole nella mia mente ancora più calde. Questo con mia sorpresa, aumentava la mia eccitazione e il mio gusto al momento dell’orgasmo.

Lei invece un giorno mentre eravamo sdraiati nudi dopo una scopata molto soddisfacente per entrambi mi confessò che non aveva mai goduto tanto con me quanto dopo la punizione di qualche tempo prima, quando la avevo penetrata con assai poca delicatezza mentre il suo sedere era ancora rosso per le cinghiate prese.

“Cosa mi vuoi dire?” le chiesi “sei improvvisamente diventata masochista?”.

“No, non credo, ma anche durante la mia storia io pensavo a cosa sarebbe successo quando l’avresti scoperto, perché sapevo che era inevitabile che tutto venisse fuori, prima o poi, e avvertivo dei brividi di paura e di piacere al tempo stesso”.

A questo punto le confessai che rivivere con la mente le sue prestazioni sessuali con l’amante mi eccitava, in particolare immaginare il suo uccello per intero nella sua bocca mentre lei lo succhiava furiosamente, ingoiando poi lo sperma.

Capimmo entrambi che si stava instaurando fra di noi un rapporto nuovo, che avevamo il modo di allontanare la noia di un matrimonio che durava da quasi 23 anni.

La sera successiva mi chiese con aria maliziosa: “Vuoi che ti racconti quello che facevo con Gianni?”. La guardai e vidi nei suoi occhi una grande carica erotica. Risposi: “Restiamo vestiti, mentre racconti?”.

Per tutta risposta cominciò a spogliarsi e rimase in reggiseno e mutandine. Feci lo stesso e rimasi in boxer.

“Perché non prendi la tua cintura” mi chiese “Così se qualcosa che racconto ti ferisce puoi punirmi subito…”

Ma avevo di meglio, una racchetta da ping-pong, che con il suo manico corto era molto più maneggevole stando seduti e non mi avrebbe costretto a stare in piedi accanto a letto come con la lunga cintura usata l’altra volta.

“Credo che non ci sia stata una sola volta che ci siamo incontrati senza fare sesso. Non ne potevamo fare a meno”.

“Scusa, ma ogni volta avevate un letto a disposizione?”.

“Innanzitutto sai che lui è separato e che ha la casa sempre libera. Ma anche quando ci incontravamo fuori senza che la giornata finisse a casa sua, qualcosa c’è stato sempre. Minimo una sega o un pompino. Una volta gli feci una sega in ascensore, con la gente di sotto che batteva sulla porta e che quando siamo scesi ci ha guardato facendo capire chiaramente che immaginavano cosa era successo”.

“Puttana!” le dissi, ma intanto il mio uccello era già rigido al massimo. La feci girare a pancia sotto sul divano e le tirai giù le mutandine fino alle ginocchia. Poi le diedi sei racchettate sul culo scoperto, tre per natica, provocando due circoli rossi. Non disse nemmeno “Ahi!”, ma solo un grugnito che non sapevo se fosse di piacere o di dolore.

Si girò di nuovo supina con uno sguardo provocatorio e continuò: “Una volta lo abbiamo fatto tre volte nella stessa sera, ha una capacità di recupero incredibile, molto più di te”.

E si prese altre sei racchettate sul sedere.

“Quante volte ti sei fatta inculare?” le chiesi, senza essere certo se avrebbe risposto.

“Guarda che non giravo con il pallottoliere” rispose. “Ma ti posso rassicurare: lui non era un appassionato di questa pratica. Preferiva magari cambiare posizione spesso, ma scoparmi davanti, non dietro…”.

“Quindi mai, o poche volte? Ti ricorderai, penso se l’avete fatto”.

“Che ti devo dire, quattro, forse cinque volte. In più di un anno non è molto”.

Era il numero approssimativo che concedeva a me, all’anno, nei primi dieci anni di matrimonio, poi il numero è sceso vertiginosamente.

“Non è moltissimo, ma neanche poco” risposi “E come lo facevate: a letto, per terra, sul tavolo?”.

“Il modo migliore per tutti e due era questo. Guarda, ti faccio vedere”. Dicendo ciò si sfilò del tutto le mutandine e si pose a pecorina sul tappeto del salotto, con gomiti e avambracci poggiati a terra in modo che il culo svettasse maestosamente in mezzo alla stanza. “Diceva che sul letto le ginocchia affondano, mentre a terra è più facile per lui gestire i movimenti”.

“Ah sì?” dissi “allora gestisci questi”. E approfittai della maliziosa posizione assunta per sferrare racchettate poderose sul sedere che sembrava stesse lì apposta per prenderle, e che diventava sempre più rosso mano a mano che andavo avanti. Gliene sferrai almeno dieci di fila, e quando finalmente disse “Basta, ti prego” mi fermai e mi tolsi i boxer. Il mio membro era duro come il marmo ed eretto al massimo. Le posi la mano sulla vagina e sentii che era tutta bagnata; usai quindi i suoi stessi umori per lubrificarle l’ano, aiutandomi anche con un po’ di saliva. Quindi la penetrai nel culo con delicatezza mentre entravo, ma molto meno una volta dentro. Vidi che effettivamente la posizione sul pavimento agevolava i miei movimenti. Dalla posizione in ginocchio mi misi accovacciato dietro di lei, controllando così tutti i movimenti del mio bacino e potendo quindi spingere con maggiore impeto e forza.

“Sì, sì dai, sfondami “ gridò mia moglie, lasciandomi un po’ perplesso perché mai era ricorsa a queste frasi in 23 anni di matrimonio. Dicendo ciò si sdraiò a pancia sotto tirandosi dietro il mio uccello che era infilato in lei: il suo retto ovviamente si restrinse dandomi una sensazione di godimento immensa.

Venni subito dopo dentro di lei, poi rimasi sdraiato a carezzarle il culo, che era tutto rosso, sulle natiche e intorno all’orifizio anale, per le racchettate e per quel che era seguito…

Pensai che la storia con l’amante le aveva fatto bene, almeno in termini di ulteriore esperienza sessuale. Ma forse aveva fatto bene anche a me e alla coppia in generale.

“La prossima volta pariamo dei pompini” dissi.

“Si, ma aspetta almeno che il mio sedere ritorni al suo colore naturale, temo ci vorranno almeno quattro-cinque giorni”, rispose.

Ma non disse di no…

Nessun commento:

Posta un commento