giovedì 17 marzo 2016

Diario di una ventenne focosa


Avevo fatto domanda come ragazza alla pari e mi era stata assegnata una famiglia che viveva poco fuori Roma, con due bambini di 7 e 9 anni. La casa era grande e bella, la famiglia gentile. Ero contenta di avere lasciato il mio paese e di essere in Italia, dove forse avrei potuto rivedere il ragazzo napoletano con cui avevo avuto un focoso rapporto a Londra, l’anno precedente.

Avevo abbastanza libertà: l’intero week-end e due sere la settimana.

Alla mia prima visita a Roma andai subito alla Fontana di Trevi, dove conobbi Salvatore, un ragazzo siciliano molto carino, che mi offrì subito un gelato e mi accompagnò al pullman che mi avrebbe riportato alla casa in cui vivevo. Chiese e ottenne il mio numero di telefono.

Ci uscii di nuovo al mio primo giorno di libertà: mi portò a vedere tutta Roma (ci viveva con la famiglia da due anni) in autobus e a piedi. Aveva 24 anni, io 20.

Alla terza uscita mi chiese se volevo vedere la sua casa; mi sembrò un po’ troppo veloce, ma accettai. Ma a sorpresa invece di trovare un appartamento deserto e un letto pronto come pensavo, trovai la sua famiglia ad accogliermi: padre, madre sorella e nonna! Rimasi a cena e mi invitarono per la domenica successiva: cominciavo a sentirmi un po’ “incastrata”. Per fortuna l’atteggiamento di Salvatore mentre mi accompagnava al bus, passando per Villa Borghese, mi aiutò a staccarmi: si fermò in un luogo isolato e pieno di alberi e li mi baciò. Lasciai fare, ma ben presto la sua mano cominciò ad insinuarsi nella mia camicetta, slacciando i primi due bottoni e arrivando al reggiseno. Quando mi trovai le sue dita sui capezzoli lo fermai delicatamente e gli dissi di stare calmo, che era ancora presto. Ci rimase male ma accettò. La domenica trovai una scusa e non andai al pranzo con la famiglia. In realtà speravo di trovare di meglio di uno studente fuori corso, anche se carino.

L’occasione venne pochi giorni dopo: ero in Italia da un mese esatto quando fui invitata alla festa di un amico della mia famiglia italiana, un ragazzo di 24 anni, laureando in Medicina, che aveva organizzato un party per single, cioè potevano partecipare solo persone che non erano già accoppiate. L’età dei partecipanti andava dai miei 20 ai 29 di un giovane ingegnere. Il problema era la lingua: oltre al tedesco, la mia madre lingua, parlavo bene l’inglese, ma lì solo due ragazzi riuscivano ad esprimersi in quella lingua, e di questi solo uno mi piaceva. Puntai quindi su di lui: 25 anni, romano, laureato in Medicina e con un’ottima padronanza dell’inglese (aveva vissuto negli USA per un anno).

Purtroppo lui puntava su una ragazza americana obiettivamente molto carina, bruna con capelli ricci e occhi azzurri, mentre io, anche se alta, ero magra con capelli castani molto corti, sembravo un po’ un ragazzo. Fu il destino a decidere, quella sera: alla fine della festa la zona nord di Roma era immersa in una nebbia fittissima e il giovane medico, che qui chiamerò Stefano, si offrì di riaccompagnarmi alla casa in cui vivevo con la sua vecchia Volkswagen maggiolino color grigio scuro.

Arrivammo al paese 30 km. fuori città a passo d’uomo perché la nebbia era veramente fitta. La famiglia era fuori per il week end e la casa era vuota. Pur stando lì solo da un mese pensai di potermi permettere di invitare Stefano a salire, avevo paura che avesse un incidente tornando a Roma.

A casa siamo andati nella mia stanzetta e lui mi ha subito baciata. Ho ricambiato, perché mi piaceva molto, era gentile e un po’ timido. Ho aspettato a lungo che facesse da solo qualche progresso e quando finalmente mi ha messo una mano sul seno attraverso i vestiti, mi sono tolta la camicia e gli ho fatto capire che poteva andare avanti. Appena mi ha tolto il reggiseno è rimasto a bocca aperta, cosa a cui ero abituata: con tutti vestiti addosso non sembravo particolarmente sexy, ma delle mie tette vado orgogliosa, una terza misura di reggiseno, allora, belle erette con capezzoli dalle larghe areole che erano a quel punto già turgidi.

Cominciò a leccarmi le tette e i capezzoli come fossero un gelato, non era molto esperto, si capiva. A questo punto gli misi la mano sull’inguine, sentendo che, come pensavo, il suo uccello era già in erezione. Allora gli aprii la cintura, gli sbottonai i calzoni e tirai un po’ giù lo slip, facendo schizzare il suo cazzo in su come una molla.

Glielo presi in mano e cominciai a masturbarlo molto lentamente, aumentando il ritmo mano a mano che sentivo il suo respiro divenire più affannoso. Quando venne gli tenni l’uccello stretto con la mano per farlo spruzzare più lontano. Era al settimo cielo, e pensai che per esserci conosciuti poche ore prima poteva essere soddisfatto.

Erano intanto le tre di mattina, e la nebbia non accennava a diradarsi. Rimanemmo quindi ancora un paio d’ore sul mio letto fra petting e riposo.

Alle sei con le prime luci dell’alba la visibilità era migliorata e decise di muoversi. Mi assicurai strofinandogli l’inguine che fosse di nuovo recettivo e quando ne ebbi la conferma gli tirai di nuovo fuori l’uccello e lo feci venire, ancora con le mani. Apprezzò molto e partì contento.

Ci rivedemmo tre giorni dopo a Roma, dove mi venne a prendere all’uscita della mia lezione di Italiano alla Dante Alighieri di Via Firenze.

Tornando verso la mia casa si fermò in luogo tranquillo e mi baciò subito. Ero un po’ in ritardo e anche qui la cosa finì con una sega in macchina.

Il passo avanti fu fatto il sabato della settimana dopo, quando ero di nuovo sola a casa per il week-end. Mi disse che aveva un impegno al teatro ma che sarebbe stato libero per le 23. Gli dissi di venire quando voleva.

Arrivò a mezzanotte meno dieci, e ammise candidamente che era stato al teatro con la ragazza americana conosciuta alla stessa festa a cui aveva conosciuto me! Il disgraziato!

Per un attimo pensai di mandarlo via, ma non sapevo quanto ci sarebbe voluto a ricominciare tutto da capo. Quindi mi impegnai a essere la più desiderata fra le due.

Nella mia camera mi spogliai subito completamente nuda, e di nuovo vidi l’effetto afrodisiaco che il mio corpo gli provocò.

Scopammo subito, con poca preparazione perché ero gia bagnata. Quando mi fu dentro vidi che era bravino, e mi fece sentire bene le discrete dimensioni del suo membro, nello spingere con forza dentro di me. Venne abbastanza presto, io già prendevo la pillola da due anni, quindi non c’erano problemi, e glielo avevo detto subito. Fu bello, tutto sommato, capii che nonostante la differenza di età era meno esperto di me, ma ciò era carino, in fondo.

Rimase tutta la notte e scopammo di nuovo ma senza variazioni sul tema, era ancora presto.

Poi la mattina a Roma romantica passeggiata a Villa Borghese e poi a casa sua, una bella casa in zona residenziale. Anche la sua famiglia era fuori e quindi giocando in casa mi scopò di nuovo sul suo letto: stavolta gli feci provare l’esperienza di stare sotto, fui io a infilarmi sul suo cazzo eretto e a menare le danze muovendo il mio bacino su e giù e mandandolo in estasi. Venne dentro di me presto, ma continuai a muovermi finché ebbi anche io l’orgasmo, e fu molto piacevole.

Gli feci provare le gioie del sesso a poco a poco. Il primo pompino glielo feci in uno sgabuzzino di casa sua, mentre i suoi erano in salotto e si sentivano le voci.

Mentre gli succhiavo l’uccello era eccitatissimo e allo stesso tempo preoccupato che arrivasse qualcuno, fu molto divertente. In quel caso niente ingoio, ma avevo pronti dei kleenex.

Il nostro rapporto proseguì per anni ma solo quando mi portò a vivere con lui lasciando la casa paterna gli concessi il culo. Ma questa è un’altra storia…

Nessun commento:

Posta un commento