giovedì 17 marzo 2016

Nel vicolo stretto

La musica a palla e le luci ad intermittenza che robotizzano ogni singolo movimento, l’odore di alcol e fumo che annebbiano i sensi, l’adrenalina che scorre nelle vene rendendomi invincibile e il sentirmi libera da ogni catena del buon senso, provare l’eccitazione di assaggiare i vari sapori e viverne le sensazioni, non conoscere nessuno e divertirmi con tutti…

Ero sola quella sera, nessuno mi aveva accompagnata.

Ballo, mi sfreno.

Un ragazzo simile a Big Jim cominciò anonimamente a ballare con me e man mano che i nostri corpi aderivano la musica si faceva più prepotente. I nostri movimenti erano scarsi di grazia e coordinazione ma poco importava. Sentivo le sue mani avide correre sulla mia schiena, sui miei fianchi, in un movimento quasi rabbioso mi strinse i glutei. Con uno spintone allontanai quell’individuo da me e continuai a ballare dimenticando presto quell’insignificante episodio.

Ballai con una ragazza e con lei mi divertì parecchio.

Puzzava tremendamente di alcol ma non potevo lamentarmi: non era molto diversa da me in quel momento.

I movimenti del mio corpo stavolta erano in perfetta sintonia con i suoi e più volte ho allontanato le sue labbra delle mie prima di abbandonarmi a quel frenetico inseguimento di lingue così divertente e così eccitante.

Bevemmo vari cocktail dopodiché mi trascinò in bagno ma non per vomitare come già molti facevano in quei cessi infatti cominciò a spogliarsi cercando di attirare il più possibile la mia già scarsa attenzione. Dopo pochi minuti mi allontanai dai bagni con una scusa e senza nessun rimorso lasciai che capisse da sola che non sarei tornata da lei.

Ballai ancora. Rimasi sola nella mia danza per qualche secondo dopodiché sentì l’erezione del fantastico moro premere dietro di me. Si materializzò nella mia mente il desiderio che quel ragazzo così bello e così prepotente mi scopasse violentemente all’istante sul bancone, tra e bottiglie di alcolici e gli ombrellini per i cocktail. Ballammo in quella posizione per un po’ di tempo, lui dietro ed io avanti e a tratti temetti che quel pezzo di carne potesse penetrarmi nello stesso istante in cui il suo bacino eseguì quel movimento così esplicito e volgare. Ora mi domando, Davvero ebbi paura che accadesse ciò?.

Le sue mani non si muovevano dai miei fianchi. Mi tenevano vicina a lui lasciandomi però la libertà di muovermi come volevo.

Ballai per il resto della serata con lui, cosa alquanto strana poiché in serate come quella odio passare più di 10 minuti con la stessa persona.

Aveva l’aria di chi ha soldi e non ha paura di spenderli: Mi portò nel privè senza che io me ne accorgessi.

Mi sentì una regina nel chiedere e ricevere tutto ciò che volevo e sentirmi avidamente guardata da quegli occhi grigi e calamitati non faceva altro che catapultarmi in una situazione ultraterrena. Mi piaceva farmi toccare da quelle mani che cercavano di assumere un atteggiamento dolce e premuroso ma mi piaceva ancor di più provocare il ragazzo e avvertire che la sua eccitazione aumentava semplicemente sentendo il suo respiro. Da quel privè uscì sorprendentemente inviolata. Il nostro gioco doveva continuare fuori dal locale.

Mi finsi offesa e, senza voltarmi uscì sulla strada lasciandolo nel caos da discoteca. Dopo pochi secondi sentì dei passi calpestare il suolo bagnato ma non pioveva più. Mi accertai che mi avesse vista e mi infilai in uno stretto vialetto. In quel momento l’incoscienza prese la meglio.

“Che fai, scappi?” Mi domandò la voce un po’ roca.

“Chi ti dice che scappo? E se invece stessi cercando qualcosa?”

“Qualcosa tipo questo?” Domandò ancora, stavolta stringendomi il polso e tirando la mia mano sul cavallo dei suoi jeans.

In quel momento mi accorsi di essere caduta in una grandissima confusione: Il ragazzo che ora mi teneva la mano sul suo cazzo non era il moro del privè.

Provai ad immaginare cosa sarebbe successo se avessi opposto resistenza.

Probabilmente nulla poiché mi sarebbe bastato gridare e il buttafuori avrebbe sentito le mie urla ma avvertivo un calore salirmi dal basso ventre…

Sarebbe stato un gioco perverso e anche rischioso ma volevo pensare che il pericolo mi esonerasse dai suoi progetti in quella sera.

Cercai di tirare via la mia mano da lì ma la sua stretta insisteva sul mio polso e con un ghigno che per poco non mi fece cambiare idea il ragazzo sussurrò: “Ho forse sbagliato? Non era ciò che cercavi?”

Era bello, non lo si poteva negare e quel modo così brusco mi eccitava da morire. Quella sera non ero più io. Probabilmente l’altra me non avrebbe desiderato altro che stare nel letto tra le braccia di una persona gentile e delicata ma quella me in quel momento si era presa una pausa. Di riflessione, forse.

“Stronzo, lasciami” Gli dissi.

“Se davvero vuoi che ti lasci qui sola soletta a massaggiarti la figa, urla.”

Aveva capito.

“Lasciami” Gli ripetei, abbassando di una tonalità la voce.

Sorrise. “Posso farlo io.”

Con una mano mi bloccò in alto le braccia e con tutto il suo corpo mi immobilizzò al muro mentre con la mano libera scostò la minigonna che mi copriva l’intimo. Cominciò a toccarmi senza scostare però gli slip e vari gemiti di piacere mi scapparono mentre continuavo a recitare male la parte della non-consenziente.

“Ti piace eh?” Domandò divertito.

“Togliti di dosso! …Ahh!”

“Smettila di recitare puttana! So che ti piace…sento già ora che sei tutta bagnata”

Provai ancora una volta a sottrarmi a quella “violenza”.

“Ti ho detto di smettere se non vuoi che ti sfondi! Mi eccita un casino, cazzo!”

Mi scappò un sorriso malizioso che lui molto probabilmente non notò.

Chiusi le gambe cercando di respingere quella mano che sapeva benissimo cosa stimola il piacere di una donna ed ottenni l’effetto desiderato.

“Mi hai rotto le palle!” Esclamò.

Mi strappò letteralmente gli slip e cominciò abilmente a sfregare il clitoride già turgido.

Continuavo a opporre un’inutile resistenza godendo al massimo di quelle nuove e pericolose sensazioni.

Con un gesto poco galante mi fece inginocchiare davanti a lui e tenendomi per i capelli, senza farmi male però, mi ordinò di prenderlo in bocca.

Era estremamente invitante obbedire a quell’ordine ma volevo che fosse ben carico. Gli sputai sulla maglietta.

Senza troppe cerimonie si calò i pantaloni e mi schiacciò il viso verso quella rigidità: aveva un buon profumo.

Con una mano sfoderò il cazzo straordinariamente eretto dai boxer e me lo sfregò sulle guance.

“Così sottomessa hai proprio l’espressione da puttana.” Disse.

“Trattami da tale allora,pezzo di merda! Sei solo chiacchiere!”

Era vero. Mi stavo comportando da puttana in quel momento ma a volte è bello assumere ruoli che non ci appartengono. Mentre pensavo ciò cominciai a succhiargli i testicoli perfettamente depilati e a leccargli la base dell’asta prima di succhiargli avidamente il cazzone.

“Sapevo che ti piaceva…che troia che sei…”

Succhiai quanto più potevo mentre la mano di lui muoveva velocemente la mia testa avanti e indietro. Non riuscivo a prenderlo tutto senza che mi venissero gli sforzi di vomito: era davvero enorme.

Godeva…godeva come un maiale…lo sentivo...

Lo sentivo da come stringeva nel pugno i miei capelli e da come cercasse di farmi entrare più carne possibile in bocca.

Non ce la facevo più, mi faceva male la mascella e diminuì la foga.

“Sei già stanca troietta?” Domandò, menandoselo animalescamente.

“’Fanculo!”

Mi spinse violentemente per terra e cercò di mettermi a pecora ma mi opposi, sarebbe stato ancora più eccitante. Lo sentì imprecare.

Lui riuscì a farmi piegare senza troppo sforzi e, mantenendo la mia testa più bassa rispetto al mio sedere, spinse con estrema foga il suo pene nel mio essere. Sentì un dolore nuovo. Mai avevo subito una penetrazione così violenta. Mi scapparono più gridolini di sofferenza mentre quell’animale entrava e usciva dal mio corpo senza il minimo rispetto. Era talmente sottile la barriera che divideva il dolore dal piacere che nemmeno io sapevo se mi stesse piacendo o meno.

Continuava a spingere il suo cazzo dentro me tenendomi per i fianchi come se fossi un giocattolo.

“Non c’entra tutto!” Mi uscì dalla gola.

“Allora vediamo se nel tuo bel culetto c’è più spazio…”.

Violò con un dito il mio ano ancora vergine e ci sputò dentro. Con le dita mi allargò il buco: ne infilò due, poi tre. Sussultavo, gemevo: mi piaceva.

Smise di usare le mani e sentì improvvisamente un bruciore assurdo. Cominciò a cavalcarmi da dietro e non potei far altro che abbandonarmi al piacere.

Riuscivo a immaginare cosa stesse accadendo dentro di me basandomi su gli stimoli che percepiva il mio cervello quando venivano urtate le pareti interne.

“Mi fai male!” Urlai ad un certo punto: stava esagerando.

Lui era ubriaco e avevo sbagliato io, se mi trovavo in quella situazione era solo per colpa mia. Urlare non mi sarebbe servito a nulla perché ci eravamo allontanati dall'ingresso.

Decisi dunque di assecondare ogni sua perversione e quei momenti furono interminabili. Il mio culo era a pezzi, mi faceva male come mai prima d'allora ma lui non sembrava volesse smettere di sbattere dentro di me il suo arnese. Cercavo di sottrarmi a quella ormai divenuta violenza a tutti gli effetti ma non ci riuscì: mi teneva saldamente per i fianchi quasi come fossi un animale.

Sentì cedere le ginocchia crollai. Per qualche minuto quell'asfalto sembrò così confortevole... non sentivo più niente... chiusi gli occhi e... buio.

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