giovedì 17 marzo 2016

Il riscatto

Rividi Maria due anni dopo l’ultimo incontro: avevo bisogno di una nuova segretaria per lo studio (la precedente aveva cambiato casa e regione). Pensai a lei perché sapevo che lavorava solo mezza giornata, anche se dall’alba a mezzogiorno, e ricordavo che si lamentava sempre che lo stipendio non era alto.

Ci incontrammo allo studio, due anni e mezzo dopo il famoso massaggio, ma parve che a nessuno dei due l’ambiente stimolasse ricordi o rimpianti di alcun genere. Era comunque sempre attraente, biondo cenere (che sapevo non naturale…), begli occhi marroni.

“Sì. Ammetto che arrotondare un po’ mi farebbe comodo” disse “Ora ho anche le rate della macchina da pagare”.

“Guarda che sarebbero solo tre pomeriggi a settimana per un massimo 9-10 ore” le feci presente”.

“Basterà per la rata dell’auto e per qualche sfizio privato: il mio stipendio serve per andare avanti, con il poco che guadagna mio marito e con la sua ditta in crisi…”.

Decidemmo di comune accordo di fare un mese di prova in modo di decidere entrambi se proseguire il rapporto di lavoro.

Aveva a disposizione un tavolino con telefono e agenda; in più si portava il suo laptop personale e notai che passava il tempo su Facebook, chiudendo la finestra di Windows quando io o qualche cliente eravamo nelle vicinanze del suo tavolo.

Un giorno durante una pausa scese in macchina dove aveva dimenticato qualcosa, lasciando il PC acceso. Non c’era nessuno in sala d’aspetto e io smanettando rapidamente sul suo computer, vidi che era aperta una chat di cui le ultime frasi erano: “Ma lascia quel coglione di tuo marito, se è un fallito che ci resti fare?” “Nostra figlia ha sei anni” “Che vuol dire, puoi rifarti una vita”. Rimasi a bocca aperta. Chiusi la finestra e tornai nella mia stanza.

Qualche giorno dopo feci in modo di far cadere il discorso sulla sua famiglia e, senza che lei lo dicesse apertamente capii che era in crisi matrimoniale profonda; fra l’altro se ne era accorto il suo capoufficio che ci stava provando sfrontatamente ma lei resisteva (almeno così disse). Chi era allora l’uomo della chat? Senza volerlo ebbi la risposta da lei stessa quando un giorno mi chiese se ero su Facebook. Io dissi di no, perché ci tenevo alla mia privacy. “Ma guarda che è bellissimo, ho ritrovato tanti vecchi amici e compagni si scuola e conosciuto gente simpatica. Con qualcuno mi sono anche incontrata”. E gli hai raccontato tutti i fatti tuoi, ho pensato…

Nel frattempo il mese di prova si avviava alla fine ed ero soddisfatto del suo operato; i miei dubbi erano su come sarebbero stati i nostri rapporti se avessi continuato a vederla tre volte la settimana, spesso con occasioni di rimanere soli allo studio.

I miei scrupoli di due anni prima erano legati al fatto che era venuta in veste di paziente e ora non lo era…

Ancora una volta fu il caso (o dovrei dire il destino) a decidere.

Un giorno d’estate venne allo studio in minigonna e sandali con tacchi di 10 cm. (non ne aveva alcun bisogno essendo alta 1,74, ma sapeva che evidenziavano meglio le sue stupende gambe, lunghe, atletiche e ora pure abbronzate).

Dalle sedie della sala d’aspetto il tavolo della segretaria è perfettamente visibile e al massimo le nasconde il petto e la pancia. Le gambe, accavallate al di sotto del ripiano, erano perfettamente in vista e due ragazzetti cambiarono sedie per meglio gustarsi lo spettacolo delle sue cosce scoperte.

La cosa non mi sfuggì, e mi diede una certa eccitazione…

Alla fine della giornata le feci i complimenti.

“Guarda che non ci vuole molto a rispondere al telefono, aprire la porta e fissare i tuoi appuntamenti”.

“No, no. Non mi riferivo al lavoro…” Le guardai le gambe, poi la fissai e le dissi: “Oggi sei sexy in modo particolare. E ho notato che non sono stato il solo a rendermene conto. A quei due ragazzi in sala d’aspetto stavano uscendo gli occhi dalle orbite…”. L’espressione nei suoi occhi mi confermò che aveva gradito il complimento.

“Ci conosciamo da tanti anni, ma sei sempre rimasto sulle tue” disse sorridendo.

“Cosa devo dire? Prima eri troppo giovane, poi troppo sposata, poi troppo mamma e poi, se ricordi, troppo…paziente”.

“E ora sono troppo…cosa?”.

“Troppo bella per lasciarti andare via così, oggi!” esclamai e guardandola negli occhi per avere la conferma delle mie sensazioni mi avvicinai e la baciai delicatamente sulle labbra. Ricambiò, con entusiasmo. In pochi secondi le nostre lingue si intrecciarono e si cercarono profondamente mentre ci abbracciavamo stretti.

Eravamo ancora in sala d’aspetto. “Andiamo nella mia stanza”, dissi, e prendendola per mano la condussi nel luogo dove oltre due anni prima avevo massaggiato il suo corpo nudo.
“Ti ricordi quel lettino?” le chiesi.

“Molto bene” rispose e mi abbracciò di nuovo. Poi cominciammo ognuno a spogliare l’altro, lentamente. Le ultime a cadere furono le sue mutandine, subito dopo i miei boxer. “Sei splendida, sai?” le sussurrai carezzandole i piccoli seni. E lei mettendo una mano sul mio membro in erezione e cominciando a stringerlo con delicatezza disse: “Per la tua età anche tu ti difendi” e rise.

La feci adagiare sul lettino, le allargai le gambe e cominciai a leccare la allettante fessura fra le sue cosce, stimolandole il clitoride con la punta della lingua prima piano, poi più velocemente, e cambiando ritmo ogni volta che sentivo aumentare il tono dei suoi sospiri.

A un certo punto mi disse: “Vieni, entra…”. Salii sul lettino e le infilai l’uccello nella fica ormai bagnata al massimo.

Spinsi su e giù per parecchio tempo prima di avvertire l’inizio dell’orgasmo. Quando lo sentì lei mi strinse più forte anche avvinghiandosi alle mie natiche con i piedi finché le venni dentro con impeto e con grande senso di liberazione. Mi chiese di continuare a spingere e dopo qualche minuto cominciarono i gemiti del suo orgasmo che durarono a lungo.

Rimanemmo abbracciati ancora un po’, poi a turno andammo in bagno.

Curiosamente nel rivestirsi si rimise il reggiseno come prima cosa. Io ero già mezzo vestito e notai la cosa. Con tono scherzoso dissi: “Lasci scoperto il meglio?”.

Mi guardò ridendo e disse: “Ti piace il mio culo? Lo sapevo da un sacco di tempo…”.

“Il tuo culo, le tue gambe, tutto di te è attraente”. “Veramente pensavo che le mie gambe fossero troppo muscolose”. “C’è a chi piacciono così, a me per esempio; poi non sono troppo muscolose, sono lunghe hanno una forma perfetta e i muscoli dei polpacci sono al punto giusto. Altrimenti non avresti messo i tacchi che hai oggi che non fanno altro che evidenziarli”.
Sorrise e guardando l’orologio disse: “Ti va di massaggiarmeli?”.
Devo dire che rimasi un momento sorpreso. Ma subito dissi:” Certo, naturalmente!”.

Si sdraiò di nuovo sul lettino, ma stavolta bocconi, con l’abbigliamento detto poco fa, cioè il solo reggiseno..!
Cominciai a massaggiare dalle piante dei piedi , salendo lungo le caviglie e soffermandomi a lungo sui polpacci scolpiti. Poi proseguii lungo le cosce e fino ai glutei, maestosi nella loro imponenza e rotondità. Mano a mano che le mie mani divaricavano le natiche si metteva in mostra la rosetta dell’ano, circondata da sottile peluria scura.

Una nuova erezione si fece strada e una gran voglia di ripetersi.

Quindi la aiutai a mettersi in ginocchio sul lettino (non fece alcuna resistenza) e la penetrai da dietro.
Stavolta ci volle parecchio tempo prima che venissi, ma lei parve gradire i tempi lunghi, tanto che ebbe l’orgasmo prima di me, ma poi mi invitò a continuare finché non mi svuotai in lei per la seconda volta quel pomeriggio.
Nel salutarci le dissi ridendo che il mese di prova era andato bene, e che se voleva avrebbe potuto continuare a farmi da segretaria, Accettò di buon grado.

Purtroppo dopo sei mesi, durante i quali avevamo avuto altre occasioni di esplorare i rispettivi corpi, mi disse che non poteva continuare perché il capoufficio la aveva promossa sia con un aumento di stipendio sia come comodità di orario (il classico 9-17 con pausa pranzo). Ci rimasi male, ma era una sua decisione. Le chiesi come potevamo fare a rivederci e mi rispose:”Ti chiamo io”.

Non si fece più viva per oltre un anno…

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